Pierpaolo Piccioli, direttore creativo di Valentino, è convinto che la moda non è arte, poiché deve mettersi in relazione con un corpo. Ma cosa succede quando la moda incontra e conversa con l’arte? A pensarci bene, la risposta è molto più complessa di quanto ci si possa aspettare ma la collezione couture “Des Ateliers” può aiutarci a comprenderla.
Il direttore creativo di Valentino, Pierpaolo Piccioli, ha ambientato la sua emozionale collezione couture alle Gaggiandre di Venezia.
Attratto dalla bellezza disarmante del luogo, che Piccioli paragonò a un dipinto di de Chirico con i suoi archi e le sue robuste colonne, regala un gesto d’amore alla città e alla maison.
In epoca rinascimentale l’arsenale rappresentava il fulcro del commercio della città, costruito tra il 1568 e il 1573 da Jacopo Sansovino.
Così, dove un tempo si trovavano le navi per essere riparate, Piccioli ha posizionato la sua pedana sotto gli svettanti archi in modo che sembrasse galleggiare.
Gli ospiti, selezionatissimi, sono stati invitati a vestire di bianco ( potevano anche non essere d’accordo ma se lo dice Piccioli lo fai)per suscitare insieme alla luce timida di un tramonto italiano una poesia unica, come lo show effettivamente è stato.
Accompagnato dalla voce di Cosima, cantante britannica, che ha iniziato a cantare a Calling You dal film Bagdad Cafe del 1987 , lo spettacolo è iniziato.
È possibile che Piccioli abbia chiesto ai suoi ospiti di vestire di bianco per ricreare l’atmosfera che c’era durante le imponenti e irraggiungibili sfilate couture di YSL negli anni ’80 o di quelle di Lacroix.
Ad ogni modo Piccioli prova a portare lo stesso livello di meraviglia focalizzando prima l’attenzione sui colori, mettendo uno dopo l’altro abiti da ballo rosa, viola, cacao e verde, per esempio.
Oppure un cappotto double-face lampone su pantaloni rosa più scuri e una camicia di crepe rosa orchidea, o una mantella di cachemire lilla su pantaloni viola, t-shirt di paillettes verde rana e guanti verde pisello, abbinate a scarpe grosse ma dai colori delicati.
Questi ultimi due completi, tra l’altro, fanno parte delle proposte per l’uomo, nel caso ve lo steste chiedendo, e li ho amati profondamente.
84 look in totale, ognuno con una storia e autore diverso, da micro minigonne a palloncino, (ombreggiate con i giganteschi cappelli disegnati apposta da Philip Treacy che si muovevano come meduse), a silhouette a trapezio, gonne che arrivavano a metà polpaccio o fluttuanti sopra la caviglia, e svolazzi di raso e crêpe tagliati a spirale intorno al corpo.
Io, che amo giocare a “questo l’ha fatto quello prima di lui”, ho trovato dei riferimenti più o meno chiari rivolti alla couture di Madame Grès, Pierre Cardin e Roberto Capucci, oltre a prendere appunti dalla magnifica e aggiungo anche infinita eredità di Valentino, ma il talento di Piccioli sta anche qui: lui prende questi momenti iconici della storia della moda e del costume facendoli propri e rendendoli unici, desiderabili e moderni.
Sono uniche anche le collaborazioni con gli artisti, curate da Gianluigi Ricuperati, che ha riunito un roster di 17 pittori: Joel S. Allen, Anastasia Bay, Benni Bosetto, Katrin Bremermann, Guglielmo Castelli, Maurizio Cilli, Danilo Correale, Luca Coser, Jamie Nares, Francis Offman, Andrea Respino, Wu Rui, Sofia Silva, Alessandro Teoldi, Patricia Treib, Malte Zenses, Kerstin Bratsch.
Certo, questa non è una novità, molto spesso arte e moda si sono unite in simbiosi – si pensi a Warhol e Sprouse, o Schiaparelli e Dalì o nell’era digitale a Prada e Chemin – ma qui l’effetto è stato una celebrazione della creatività, in qualsiasi senso lo si possa immaginare.
“Creatività che serve a far decollare i suoi pensieri e costruire i suoi valori trasferiti negli abiti di una collezione couture.
Percorso interessante sugli abiti che si chiamano, come al solito, con il nome della sarta/o che l’ha cucito a cui questa volta viene aggiunto il nome dell’artista.
Infatti, bisogna mettere in moto l’ispezione della fantasia per individuare in un cappotto composto da un intarsio con 150 tessuti diversi e diversi colori il quadro di Respino.
Ed è un gioco bellissimo trovare nel tailleur dalla gonna e la giacca intarsiate con con la camicia abbinata, addirittura tre opere riunite di Silva.
Inimmaginabile pensare che l’abito in paillettes coperto da una cappa buillonée derivi dal quadro del cinese Wu Rui che, potenza dell’immaginazione che produce l’arte, ha dipinto il suo quadro a partire dalla leggenda dell’imperatore che ha chiesto di ottenere un colore simile a quello della luna che si specchia nel lago.
L’abilità di Piccioli in questa collezione si racchiude quindi nell’autentica costruzione dell’unicità: la couture è fatta di pezzi unici e quelli di questa collezione sono irripetibili: non si troveranno mai più i tessuti dello stesso rosso che sono serviti per fare un abito da sera a partire dai corpi che si abbracciano dei quadri di Teoldi. ” Come sottolinea Michele Ciavarella su Style.corriere
L’abito da ballo e il mantello che hanno chiuso la sfilata, avevano le stampe di It’s Raining in Naples, 2003 e Blues in Red, 2004 di Jamie Nares e anche loro hanno richiesto 700 ore di lavoro e 107 metri di tessuti.